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La Rottura della Promessa di Matrimonio in Italia: Aspetti Legalmente Rilevanti

  • Immagine del redattore: Roberto Guardì
    Roberto Guardì
  • 21 mar 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

Dopo anni di fidanzamento avete deciso di fare il grande passo. Purtroppo, però, uno dei due ci ha ripensato.

Oltre che l’aspetto emotivo, ora bisogna gestire anche le questioni patrimoniali.

Vediamo insieme cosa puoi fare per tutelarti al meglio, sia che il ripensamento provenga dal partner, sia che, a “rompere la promessa” sia proprio tu.


La promessa di matrimonio è un impegno serio che, se rotto, può avere conseguenze legali significative.

Innanzitutto occorre precisare che la legge italiana considera come “promessa di matrimonio” solo quella “solenne”, vale a dire quando questa venga formalizzata da un atto scritto (pubblico o privato) che, spesso, è ricondotto al momento della richiesta delle pubblicazioni presso il Comune.

La sola proposta (con la consegna dell’anello e la notizia ad amici e parenti) non ha, di per sé, valore giuridico. Ciò non significa, tuttavia, che chi ha cambiato idea prima della formalizzazione della promessa sia indenne da ogni conseguenza, anche dal punto di vista risarcitorio.Quali sono quindi le possibili implicazioni giuridiche e patrimoniali se uno dei due futuri sposi decide di annullare il matrimonio?


Restituzione doni

La legge prevede, in caso di rottura della promessa solenne di matrimonio, che le parti siano tenute a restituire i doni obnuziali, vale a dire i regali strettamente legati al matrimonio: si tratta, generalmente, del gioiello regalato contestualmente alla proposta. Non rientrano invece i regali (anche di rilevante valore economico, ad esempio un’automobile) fatti per diversi motivi e/o occasioni.

Attenzione però: la richiesta di restituzione deve essere formulata entro un anno dal rifiuto di celebrare le nozze.

Dopo tale termine l’altra parte non sarà più tenuta, quantomeno per legge, a restituire il bene.


Immobile cointestato o in locazione ai due futuri sposi

Prendiamo in considerazione le due ipotesi più ricorrenti: il caso in cui i due futuri sposi già convivano in un immobile in locazione oppure in comproprietà, acquistato con mutuo cointestato, e il caso in cui i due futuri sposi abbiano stipulato un contratto di locazione per l’immobile ove andranno ad abitare dopo il matrimonio o abbiano già proceduto alla sottoscrizione di un contratto (preliminare o definitivo) per l’acquisto della futura casa familiare.

In entrambe le situazioni, la rottura della promessa di matrimonio non rileva nei confronti degli altri soggetti coinvolti, quindi del locatore, del venditore e della banca che ha concesso un mutuo.

Ebbene, nel caso di immobile in locazione, il proprietario/locatore rimane estraneo rispetto a tali dinamiche: ciò significa che, salvo nel caso in cui vi sia una specifica indicazione nel contratto di locazione, questo proseguirà regolarmente in capo ai due soggetti, che saranno pertanto entrambi obbligati a continuare a versare il canone.

Spetterà quindi ai due mancati sposi regolare i rapporti tra loro: mantenere il contratto in capo a entrambi o risolverlo rispetto ad uno di essi o di entrambi; sarà necessario invece l’accordo del locatore nel caso in cui si intendesse proseguire la locazione in capo a uno solo dei partner, che comporterebbe lo scioglimento dell’attuale contratto e la stipula di uno nuovo; in caso invece di risoluzione definitiva, occorrerà disdire il contratto, il che, di norma, comporterà il riconoscimento al locatore di un preavviso di tre o sei mesi.

Nel caso in cui i due (non più) futuri sposi abbiano invece acquistato un immobile e si siano fatti carico di un mutuo cointestato, occorrerà rinegoziare l’accordo tra le parti e l’istituto di credito con cui è stato contratto il mutuo. Anche in questo caso sarà vincolante la posizione della banca, tutt’altro che scontata, che potrebbe essere influenzata anche dall’eventuale coinvolgimento di terzi in qualità di garanti (genitori o altri parenti).


Spese affrontate per i preparativi

Le spese sostenute per i preparativi del matrimonio possono essere considerevoli e comprendere una vasta gamma di servizi, dalla location alla ristorazione, dagli abiti al fotografo. In base alla legge italiana, se una delle parti rompe la promessa solenne di matrimonio in modo ingiustificato potrebbe essere obbligata a risarcire l'altra per le spese sostenute per la preparazione del matrimonio.

Tuttavia, è importante notare che questa compensazione potrebbe non coprire l'intero importo speso e dipenderà dalle circostanze specifiche del caso; in particolare, il Codice civile prevede che il risarcimento debba tenere conto delle condizioni (economiche) delle parti, che andranno valutate caso per caso, cioè se le spese fatte da uno dei partner sono sproporzionate rispetto alle condizioni economiche dell’altro, questi non sarà tenuto al  rimborso integrale, ma ad una quota proporzionata, appunto, alle sue capacità finanziarie.

La legge non regola invece il caso in cui il ripensamento avvenga in una fase precedente alla formalizzazione della promessa (prima della richiesta delle pubblicazioni): in tal caso occorrerà procedere con una valutazione caso per caso.

Anche per quanto concerne la richiesta di risarcimento, la legge prevede il termine di un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il matrimonio. È importante, quindi, attivarsi in tempi brevi.


Spese affrontate per il viaggio di nozze o per la prenotazione

Le spese sostenute per il viaggio di nozze o altre prenotazioni correlate rappresentano un'altra area di potenziale disputa. L’agenzia con cui è stato prenotato il viaggio non è tenuta, salvo diversa esplicita indicazione nel contratto, al rimborso.

Anche in tal caso, quindi, è opportuno valutare con attenzione le clausole contrattuali al fine di addivenire ad una soluzione della problematica. Se una delle parti ha già pagato (integralmente o in parte) il viaggio di nozze o altre prenotazioni e non è in grado di ottenere un rimborso, potrebbe chiedere un risarcimento all'altra parte per queste spese.


E il danno morale?

Per quanto tale evento possa essere doloroso e destabilizzante nella vita di una persona, occorre chiarire che, proprio per il carattere di liberalità che deve caratterizzare la scelta di contrarre matrimonio, il “danno morale” non è riconosciuto nel caso in cui una parte decida di non celebrare le nozze. Tuttavia, attraverso eventuali rimborsi per gli impegni economici presi, è possibile quantomeno evitare di subire, per la decisione dell’ex partner, anche un danno materiale rilevante.


In conclusione, quindi, è fondamentale valutare, con le opportune tempistiche, quali sono gli aspetti patrimoniali coinvolti, al fine di comprendere appieno i propri diritti e obblighi, così da adottare le più opportune iniziative per tutelare la propria posizione.


Ricordiamo che il presente articolo ha mero scopo divulgativo e non ha carattere scientifico. Le questioni esposte sono quindi trattate genericamente, per la valutazione del caso specifico è fondamentale rivolgersi ad un professionista.

 
 
 

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Studio Legale Guardì

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